VenetoCongiuntura IV trimestre 2024: incertezze globali e fragilità locali. Attesa degli imprenditori per la ripresa dell’export

I dati del quarto trimestre 2024 confermano il quadro ancora fragile dell’attività manifatturiera veneta, che fatica a uscire da una fase prolungata di difficoltà. La variazione congiunturale destagionalizzata segna un +0,5% sul trimestre precedente, mentre su base tendenziale si registra un -0,2%.

La variazione tendenziale media annua nel 2024 segna -1,4%.

Marcato il divario tra i comparti. Sono in crescita carta, stampa ed editoria (+5,2%), alimentare, bevande e tabacco (+4,6%), altre imprese manifatturiere (+3,6%) e, più moderatamente, legno e mobile (+0,9%). Soffrono invece metalli e prodotti in metallo (-6,2%), la filiera tessile, abbigliamento e calzature (-5,4%) e i mezzi di trasporto (-4,2%), confermandole forti difficoltà per automotive e sistema moda. La recessione tedesca, l’incertezza geopolitica, la competizione crescente Cina-USA e le politiche protezionistiche in alcuni mercati frenano anche la domanda estera.

Tuttavia, nel quarto trimestre del 2024 il grado di utilizzo degli impianti è tornato al 70%, pur con andamenti diversi tra i vari settori.

Le previsioni degli imprenditori per i primi mesi del 2025 delineano comunque un quadro di moderato ottimismo, con una maggiore fiducia nella tenuta della domanda estera.

Nella provincia di Verona si evidenzia una sostanziale stabilità su base tendenziale, dove la produzione industriale nell’ultimo trimestre 2024 ha registrato un leggero calo (-0,4%) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Sono i risultati principali di VenetoCongiuntura, l’analisi congiunturale sull’industria manifatturiera realizzata da Unioncamere Veneto su un campione di oltre 2.200 imprese con almeno 10 addetti, cui fa riferimento un’occupazione complessiva di oltre 100.000 addetti.

“Il 2024 si conferma un anno difficile per le nostre imprese manifatturiere – commenta il presidente di Unioncamere del Veneto Antonio Santocono – all’insegna dell’incertezza e della prudenza, anche negli investimenti. Il contesto appare fragile, con dinamiche differenziate tra i vari comparti, e la frenata della domanda estera che viene pesantemente influenzata dalle sfavorevoli dinamiche globali. Nel complesso, l’industria manifatturiera veneta è in una fase di transizione, sempre più esposta a fattori di debolezza che limitano le prospettive di crescita.

La flessione della produzione industriale riflette anche la difficoltà di altri comparti chiave, come il metalmeccanico e il tessile, colpiti dal calo degli ordini e dall’erosione della competitività sui mercati internazionali. La ripresa dipenderà dall’evoluzione della domanda, sia interna che estera, e dalla capacità delle imprese di adattarsi alle nuove condizioni di mercato. Su questo scommettono i nostri imprenditori, che per i primi mesi del 2025 prevedono un aumento della produzione (40%) o una stabilità (35%), segnalando un possibile consolidamento della ripresa dopo le difficoltà recenti. C’è fiducia anche nella ripresa della domanda estera, con il 41% delle imprese che prevede una crescita degli ordini, ma con l’ombra dei dazi USA che incombe sarà cruciale monitorare i prossimi mesi per valutare se si aprirà una fase di ripresa o se permarranno difficoltà. Il sistema camerale continua a investire energie e risorse per aiutare le imprese, offrendo strumenti per interpretare dati e segnali, percorsi per accompagnarle verso nuovi mercati, formazione e affiancamento per guidarle nella transizione energetica e digitale, nel sostegno all’export e nella creazione di nuove idee imprenditoriali”.

“I dazi annunciati dall’Amministrazione Trump modificano uno scenario globale già incerto – commenta il presidente della Camera di Commercio di Verona Giuseppe Riello  incidendo sull’industria manifatturiera provinciale in un momento in cui anche la Germania, il principale buyer delle produzioni made in Verona, è in recessione e dove nei primi nove mesi del 2024 abbiamo registrato una flessione delle nostre esportazioni del 3,6%. L’effetto dazi potrebbe quindi acuire le difficoltà non solo sul mercato statunitense ma anche sui principali partner commerciali, in primis quelli europei. Il 2025 sembrava iniziare sotto buoni auspici – prosegue il presidente Riello – come emerge dalle risposte degli imprenditori veronesi coinvolti nell’indagine che, prima dell’annuncio delle misure protezionistiche statunitensi, si aspettavano in buona parte un aumento della produzione e degli ordini dall’estero. Tuttavia, il contesto attuale impone cautela, consapevoli che la crescita nei prossimi mesi sarà subordinata alle politiche economiche globali”.

Il quadro internazionale e nazionale

Nel 2024, secondo le ultime previsioni rilasciate dal Fondo Monetario Internazionale (FMI) l’economia globale ha registrato un tasso di crescita del 3,2%, in linea con le previsioni del 2023, ma inferiore alla media storica del periodo 2000-2019, pari al 3,7%.

Negli Stati Uniti, il PIL è cresciuto del 2,8%, superando le previsioni di ottobre (2,1%), grazie alla solidità della domanda interna, all’elasticità del mercato del lavoro e a una politica monetaria meno restrittiva rispetto alle attese. Il consumo delle famiglie ha beneficiato di un incremento dei salari reali e di un effetto ricchezza positivo derivante dal recupero dei mercati finanziari, mentre gli investimenti fissi hanno continuato a espandersi, sostenuti dagli incentivi pubblici e dalla transizione industriale.

L’Eurozona, invece, ha registrato un’espansione limitata allo 0,8%, con forti divergenze tra i paesi membri. La Germania, principale economia dell’area, ha chiuso il 2024 in recessione tecnica per il secondo anno consecutivo, con un PIL in contrazione del -0,2% dopo il -0,3% del 2023, imputabile alla crisi dell’industria manifatturiera, al calo della produzione automobilistica e alla debole domanda estera, in particolare dalla Cina.

In questo quadro, l’Italia ha registrato una crescita dello 0,6%, mentre fa decisamente meglio la Spagna, che guida con un significativo +3,1%.

Anche le economie emergenti hanno seguito percorsi differenziati. La Cina ha chiuso il 2024 con un incremento del 4,8% – inferiore alle previsioni iniziali – penalizzata dalla debolezza della domanda interna e dalle difficoltà del settore immobiliare, il cui valore aggiunto è sceso del -2,5% rispetto all’anno precedente.

L’India, pur rimanendo tra i paesi con il maggiore tasso di espansione, ha rallentato dal +8,2% del 2023 al +6,5% nel 2024, principalmente a causa di una decelerazione dell’attività industriale e della normalizzazione del ciclo post-pandemico.

Le previsioni macroeconomiche per il 2025-2026 indicano una crescita globale attesa al 3,3% in entrambi gli anni, ancora inferiore alla media pre-pandemica e con traiettorie di sviluppo che restano eterogenee.

Negli Stati Uniti, il PIL è previsto in aumento del 2,7% nel 2025 e del 2% nel 2026.

Nell’Eurozona, la ripresa sarà più lenta. Il PIL è stimato in aumento dell’1,0% nel 2025, con una revisione al ribasso di 0,2 punti percentuali. Nel 2026, la crescita dovrebbe salire all’1,4%.L’inflazione globale proseguirà il suo percorso di rientro, passando dal 5,8% del 2023 al 4,2% del 2025 e al 3,5% del 2026, con maggiore velocità nelle economie avanzate rispetto ai mercati emergenti.

Secondo le stime di Prometeia il PIL italiano è previsto in crescita dello 0,5% nel 2024 e nel 2025, con una revisione al rialzo per il 2026, quando è atteso un incremento dello 0,9%. Il principale freno alla crescita rimane il settore manifatturiero, penalizzato dalla debolezza della domanda estera e dall’incertezza sugli investimenti. La dinamica degli investimenti fissi lordi si mantiene debole, con un calo atteso tra il -0,7% e il -1,9% tra il 2025 e il 2027, a causa della fine degli incentivi del Superbonus e della riduzione degli investimenti residenziali. Il Piano Transizione 5.0, nato per supportare la trasformazione digitale e la transizione green delle imprese, ha avuto un impatto inferiore alle attese, frenato da procedure burocratiche complesse. Le famiglie italiane, intaccate dalla perdita di potere d’acquisto accumulata nel 2022-2023, stanno ricostruendo i risparmi erosi dall’inflazione. Questo fenomeno ha modificato i pattern di consumo, con una maggiore propensione alla spesa per servizi (+2,3%) rispetto ai beni durevoli (-1,5%). Tra i settori più penalizzati si segnala la moda, che ha visto una contrazione delle vendite del -3,8% su base annua. Le prospettive economiche restano condizionate dall’incertezza sulle politiche monetarie, dall’evoluzione del commercio globale e dall’impatto del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca.

La congiuntura industriale in Veneto

Nel quarto trimestre del 2024, l’attività manifatturiera veneta si conferma debole: la produzione industriale su base tendenziale segna un -0,2%, posizionandosi sui livelli del quarto trimestre del 2023. La variazione tendenziale media annua nel 2024 segna un -1,4%. Il dato rispetto al trimestre precedente è lievemente positivo, con una variazione congiunturale destagionalizzata pari a +0,5%.

La manifattura veneta è sempre più esposta a fattori di debolezza che ne limitano le prospettive di crescita. Dalla crisi dell’automotive e dalla situazione produttiva in Germania, penalizzata dalla transizione all’elettrico e dal calo della domanda, alla difficoltà di altri comparti chiave come il metalmeccanico e il tessile, colpiti dal calo degli ordini e dall’erosione della competitività sui mercati internazionali. In questo scenario, il rischio di nuovi dazi commerciali da parte degli Stati Uniti potrebbe penalizzare ulteriormente l’export, colpendo in particolare il settore dei macchinari e quello della componentistica.

La distribuzione media dei giudizi evidenzia un equidistribuzione delle risposte tra le imprese che dichiarano un aumento e una diminuzione della produzione rispetto ad un anno fa (44,1% aumento; 41,7% diminuzione). Un 14,2% delle imprese indica invece una situazione di sostanziale stabilità. Questi dati confermando un quadro congiunturale debole che fatica a ripartire.

Dal punto di vista della produzione per tipologia di beni, l’andamento è differenziato tra i diversi settori: diminuiscono i beni intermedi (-1,8%), i beni di investimento (-0,6%), mentre crescono i beni di consumo (+1,3%).

Anche i dati sulla produzione industriale settoriale del quarto trimestre dell’anno evidenziano un quadro eterogeneo, con un marcato divario tra comparti in crescita e comparti in difficoltà. Tra i settori che hanno registrato un aumento della produzione ci sono la carta, stampa ed editoria (+5,2%), il comparto alimentare, bevande e tabacco (+4,6%) e le altre imprese manifatturiere (+3,6%) e, con una crescita più moderata, il legno e mobile (+0,9%). In sofferenza invece metalli e prodotti in metallo (-6,2%), la filiera tessile, abbigliamento e calzature (-5,4%) e i mezzi di trasporto (-4,2%).

Tuttavia, nel quarto trimestre del 2024 il grado di utilizzo degli impianti è tornato al 70%. Le migliori performance si registrano nell’industria alimentare e delle bevande e in quello cartario, tutti attorno al 75%. Al contrario, i mezzi di trasporto e componentistica (65,8%) e il sistema moda (64,8%) rimangono nettamente al di sotto della media, con oltre un terzo della capacità produttiva ancora inutilizzata.

L’indicatore relativo alla raccolta ordini dal mercato estero conferma una tendenza negativa, registrando una flessione del -1,3% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente (-1,1% la media annua).

La frenata della domanda estera è legata alla situazione instabile in Germania, all’incertezza geopolitica e alle politiche protezionistiche in alcuni mercati. La domanda interna mostra invece una tenuta su base tendenziale (-0,1%), ma in media annua la variazione è negativa e pari allo 0,6%.

In linea con la dinamica della produzione, anche il fatturato totale registra una variazione su base annua del -0,2%.

Le previsioni per i primi mesi del 2025 nel settore manifatturiero veneto delineano un quadro di moderata fiducia, con una prevalenza di aspettative di crescita rispetto a quelle di contrazione (da tenere in considerazione il fatto che l’indagine sia stata effettuata prima dei possibili dazi provenienti dagli Stati Uniti). Il 40% delle imprese prevede un aumento della produzione, mentre il 35% ritiene che rimarrà stabile e il 26% teme una diminuzione.

La domanda interna presenta segnali contrastanti, con il 38% degli imprenditori che si aspetta un incremento degli ordini, il 37% una stabilità e il 25% una riduzione. Più ottimistiche appaiono le prospettive sulla domanda estera.